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IL SOMMELIER – COME È CAMBIATA LA SUA FIGURA?

La ristorazione è stata uno dei settori che il Covid ha più cambiato, impattando in maniera profonda sull’esperienza della stessa da parte della clientela. Ne è cambiata la fruizione, con l’asporto che è molto probabilmente destinato a rimanere una modalità alternativa alla consumazione in loco anche dopo che la contingenza Covid sarà passata, ma sono cambiate soprattutto le dinamiche e gli attori che da sempre l’hanno abitata.

In particolare è mutato il ruolo del sommelier che nel tempo, grazie anche a percorsi formativi come l’AIS, il WSET, la Court of Master Sommelier, ha saputo creare veri e propri mostri sacri, in grado di sancire o meno il successo di un ristorante, una denominazione, un vino. Il ruolo di questi sommelier, influencer a tutti gli effetti, è stato sancito da film come THE SOMM che ne dipingono la carriera folgorante dal punto di vista della fama e della remunerazione.

Il Covid ha tuttavia impattato su questa figura, portando soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti ad un cambio netto di ruolo e delle competenze richieste. Non più collezionisti di titoli e creatori di liste sfavillanti in grado di destreggiarsi fra un clos di Borgogna e l’altro, ma generatori di margini cospicui, che possano rimpinguare le magre casse dei ristoranti. Questo si è verificato di più in America ove le dinamiche lavorative sono più veloci ed elastiche – nel bene e nel male – rispetto all’Italia, dove invece la squadra di lavoro è rimasta in molti casi immutata fra pre e post Covid.

Negli Stati Uniti, dove invece il team si è nella quasi totalità dei casi disgregato, la situazione attuale ha portato i datori a preferire la familiarità con gli Excel all’abilità nella degustazione. A questo si è aggiunta una remunerazione inferiore che in molti casi ha attirato figure meno preparate. La carta dei vini si è inoltre inevitabilmente ridotta, e all’approccio accumulativo si preferisce ora la mescita al bicchiere e un turnover veloce e snello.

D’altro canto, anche molti sommelier, stanchi di un lavoro estremamente esigente dal punto di vista fisico e orario, si sono reinventati una carriera. Alcuni sono diventati consulenti, altri hanno abbracciato carriere nel settore marketing, hospitality e commerciale all’interno di aziende vinicole, altri ancora hanno rivolto altrove le proprie ambizioni.

Chi invece è rimasto nella ristorazione ha comunque cambiato approccio.
Ragioni sanitarie richiedono contatti col cliente più veloci. Inoltre la mascherina ostacola quelle che prima erano lunghe dissertazioni per capire i gusti del cliente così come rende inattuabili le dettagliate descrizioni del vino in assaggio. Meno domande, più linearità, come racconta Gabriela Davvogusto, direttrice del ristorante Clay a New York su Wine Enthusiast.

Questi cambiamenti, forzati al momento da cogenze esterne, stanno però tracciando un solco che guiderà abitudini in sala anche un domani.

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